Nemmeno un bacio Manuela Salvi storyteller contro la censura

Manuela Salvi: storyteller contro la censura

Manuela Salvi, scrittrice per ragazzi con all’attivo romanzi e testi per albi illustrati, membro fondatore dell’ICWA, è anche un’autrice in prima linea nel combattere la censura, strisciante e manifesta, nei confronti dei libri per ragazzi in Italia. Per il mese dedicato ai “libri disobbedienti”, noi di Libri Calzelunghe abbiamo pensato che fosse necessario darle la parola!


Intervista  realizzata e pubblicata originariamente da Libri Calzelunghe

Manuela, puoi raccontarci da cosa nasce il tuo forte impegno nei confronti della libertà di espressione nella letteratura per bambini e ragazzi?

Da bambina sognavo di diventare scrittrice per bambini. Nei libri per lettori piccoli vedevo un orizzonte infinito di libertà, di battaglie per l’indipendenza e per la ricerca della propria identità al di là delle imposizioni degli adulti. Io soffrivo molto dei limiti imposti, ero una ragazzina ribelle, e nelle storie trovavo le risposte ma anche le domande che mi servivano per crescere.

Credo ancora che sia questo il ruolo privilegiato della letteratura per ragazzi – nonostante sia prodotta dagli adulti – e che sia necessario difenderne la “biodiversità” per garantire ai bambini il diritto alla scelta e all’esplorazione di se stessi e del mondo.

Quando questa letteratura viene attaccata in modo troppo evidente al giogo dell’ideologia, ecco che le paure e gli estremismi della società si palesano: questo fenomeno va combattuto con tutte le forze affinché la democrazia in cui viviamo resti tale. Non bisogna mai dimenticare che le dittature hanno sempre investito molto nell’educazione dei bambini proprio per facilitarsi il compito del controllo attraverso la promozione di un pensiero unico.

Puoi raccontarci la travagliata storia editoriale del tuo romanzo Nemmeno un bacio prima di andare a letto, che parla di adolescenti, sesso e prostituzione?

Il libro è stato fortemente voluto dall’editore, Mondadori, e a me non sembrava vero di avere l’opportunità di trattare un argomento tanto importante e attuale con i miei lettori.

Appena uscito, nonostante fossi reduce dal successo di E sarà bello morire insieme, un romanzo YA sulla camorra che è diventato un long-seller, è stato subito evidente che i gatekeepers mi avrebbero reso la vita difficile. Sono cominciate le proteste con le librerie, gli insegnanti hanno evitato di invitarmi nelle scuole per paura delle reazioni dei genitori, e in generale è calato una specie di silenzio come se il libro (e forse anche io) non fosse mai esistito.

Il libro ha venduto pochissimo ed è finito al macero nel giro di poco. Ho scoperto solo dopo che questa operazione si chiama censura culturale: si ignora qualcosa di controverso visto che non si è potuto impedirne la pubblicazione. Lo si lascia morire di indifferenza. È stato così che ho realizzato che nel nostro paese, uno stato definito democratico, si praticano diverse forme di censura sui libri per ragazzi.

È stato per questo che sono andata ad approfondire la questione con un master in Letteratura per Ragazzi alla Roehampton University di Londra. Lì ho studiato per mesi come e perché si censurano i testi per ragazzi nei paesi occidentali e ho scoperto non solo che non sono l’unica autrice ad aver vissuto un’esperienza così destabilizzante, ma anche che molti autori si autocensurano inconsapevolmente per paura del rifiuto. Quindi la censura agisce su un doppio livello: uno palese, e l’altro inconscio.

Al momento Nemmeno un bacio è stato ripubblicato in Italia come ebook da Corpo60 ed è disponibile su Amazon e su tutti i principali rivenditori di ebook. In un futuro prossimo è probabile che trovi la sua strada nel mercato anglosassone…

Nei panni di Zaff è uno degli albi illustrati che viene purtroppo tirato in ballo quando si parla di “teoria del gender”. Ma nei dieci anni e più che separano la prima pubblicazione per Fatatrac (avvenuta nel 2005) dall’ultima recente riedizione, Zaff, “la principessa col pisello”, ne ha fatta di strada e ci parrebbe riduttivo parlare solo degli episodi recenti. Se fossi un’intervistatrice (proprio come nel suo albo), chiederei piuttosto a Zaff quanti bambini ha conosciuto in questi anni e come ha funzionato l’incontro? E quello con gli adulti?

Zaff è amico dei bambini. Ne ha incontrati centinaia in questi anni, e tutti hanno riso con lui, pianto con lui, e alla fine gioito per la sua vittoria. I maschi sono di solito quelli più entusiasti, soprattutto nella scuola dell’infanzia e nelle prime classi della primaria, dimostrando quanto le pressioni culturali sui comportamenti siano fortissime proprio su di loro.

Zaff è liberatorio non solo per chi già si sente “diverso” ma anche per chi, pur non avendo nessuna pulsione omosessuale, vive lo stress quotidiano delle aspettative dei grandi. Se sei maschio ti deve piacere per forza il calcio. Se sei femmina devi amare per forza il rosa. Zaff dice a tutti, anche agli adulti: non è così! Una volta una bambina di prima venne da me alla fine dell’incontro e mi disse, serissima: “Puoi uccidere tutte le principesse?”. Di nuovo, le pressioni.

Ecco, Zaff non invita i suoi lettori a diventare gay, come qualcuno lo ha accusato di fare, ma invita tutti a “mettersi nei panni degli altri”, a esplorare la propria identità, a non creare barriere, a comprendere se stessi e gli altri senza più il peso di inutili pregiudizi e stereotipi medioevali.

La ICWA è l’Associazione Italiana Scrittori per ragazzi, fra i cui scopi c’è anche la promozione dell’editoria italiana all’estero. Se guardi oltre il confine editoriale italiano, che cosa vedi?

La globalizzazione dell’editoria porta un bel carico di problemi che riguardano proprio l’omologazione delle storie, quindi direi che tutti i paesi europei vivono in misura diversa il problema di dover fronteggiare l’ondata di conformismo che dilaga in nome del marketing.

Ma ci sono paesi più organizzati di altri, e ci sono strategie precise che vengono utilizzate per fronteggiare queste pressioni culturali. La Francia e i paesi Scandinavi, per esempio, sono forse al primo posto per l’investimento sugli autori nazionali e su una letteratura di qualità. In Inghilterra ci sono adesso diverse associazioni e voci singole che si battono affinché ci siano più libri in traduzione, per uscire dall’isolamento a cui la loro lingua paradossalmente li costringe. Insomma, c’è tantissimo fermento e l’ICWA è nata anche per evitare che l’Italia perdesse il treno ancora volta. I risultati sono stati sorprendenti e, come responsabile proprio del progetto estero, sono rimasta stupita da quanto la comunità internazionale di scrittori e professionisti ci stesse in un certo senso aspettando.

Ci piacerebbe dare un lieto fine a questa intervista: sappiamo che hai vinto la borsa di studio “Jacqueline Wilson” per un dottorato di ricerca creativo alla University of Roehampton e che la tua ricerca si muove sempre sul terreno della censura: puoi raccontarci qualcosa di più di questa preziosa opportunità?

Dopo il master, la direttrice del NCRCL (National Centre of Research in Children’s Literature) della Roehampton mi scrisse per invitarmi a partecipare al bando per un dottorato di ricerca in scrittura creativa. Pensavo onestamente che scherzasse, visto che non sono madrelingua e che lavoro ancora con una copyeditor che controlla tutto quello scrivo. Lei non scherzava, invece, e una settimana dopo aver ricevuto la sua email ero in collegamento Skype con la commissione che valutava le domande. Due ore dopo, mi scrissero che ero a bordo e si congratulavano con me per l’ottimo progetto.

Io lo devo dire, a volte ancora non ci credo. Un dottorato in scrittura creativa è qualcosa che ti cambia la vita. È un percorso di tre anni in cui unirò la ricerca teorica sulla censura (questa volta concentrandomi sulle fasce d’età e il loro pericoloso utilizzo ideologico) alla stesura di un romanzo sovversivo che rompa tutti gli schemi imposti dall’editoria globale sui libri per lettori dai 9 ai 12 anni – quindi pre-adolescenti.

È impegnativo, perché scrivere in inglese mi porta via ore per ogni paragrafo, ma ho l’opportunità di lavorare con due supervisor che mi danno consigli e suggerimenti preziosissimi senza essere condizionati dalle esigenze di una casa editrice. È scrittura pura, libera da obiettivi commerciali; è sperimentazione che però non dimentica l’importanza dello storytelling. Insomma, è l’occasione di una vita, e ringrazio ufficialmente tutti i gatekeepers italiani che hanno boicottato Nemmeno un bacio, perché senza quella delusione probabilmente non mi sarebbe mai venuto in mente di mettermi a scrivere in un’altra lingua e di partire per l’Inghilterra.

 

Manuela Salvi: storyteller contro la censura ultima modifica: 2016-03-21T16:09:41+01:00 da Corpo60
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