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Il diritto di offendere, colpire e turbare

Bestemmia, o blasfemia, è un termine generico usato in un contesto religioso per descrivere qualsiasi manifestazione di disprezzo per le figure e le cose sacre. Deriva dal verbo greco blasphemein – “parlare male di” – ma in arabo si possono utilizzare diverse parole distinte: sabb (insulto), shatm (diffamazione), la’an (imprecazione), takdhib (negazione), e altre ancora. A volte nell’Islam la bestemmia è considerata una forma di apostasia.

Oggi si crede, per una distorta concezione di “rispetto” verso una cultura (strumentalmente identificata con la religione), che restringere la libertà di espressione e quindi condannare la blasfemia “migliori la coesione sociale”.

Ma limitare la libertà di espressione può davvero far progredire la coesione sociale? Per rispondere a questa domanda, prendiamo in prestito un piccolo estratto dal capitolo 8 del libro Arabi senza Dio, “Il diritto di offendere, colpire e turbare”:

Secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo, la domanda di pluralismo, tolleranza e apertura mentale è così grande – almeno, nelle società democratiche – che la libertà di espressione deve essere protetta anche quando provoca offesa. In una sentenza storica del 1976, la corte ha deciso che

 

la libertà di espressione vale non solo per le idee “accolte con favore o considerate come inoffensive o indifferenti, ma anche per quelle che offendono, colpiscono o turbano lo stato o qualsiasi settore della popolazione”.

 

Si tratta di un punto di vista che molti musulmani e la maggior parte dei governi arabi rifiutano categoricamente. Per quanto li riguarda, le persone religiose hanno bisogno di essere protette dalle osservazioni che causano offesa o le espongono al ridicolo.

Ma se questo principio fosse stato applicato in passato, molti dei più importanti pensatori e scrittori della storia islamica sarebbero stati arrestati. Volerlo applicare oggi dà come risultato solo una serie di pratiche discriminatorie e, visto che è sufficiente che qualcuno sostenga di essere stato offeso, crea l’occasione per dei regolamenti di conti, nei tribunali o per le strade, e spesso per questioni estremamente banali.

Pochi anni dopo che la Corte europea aveva pronunciato la sentenza sul diritto di offendere, un’organizzazione musulmana conosciuta come Consiglio islamico d’Europa si stava muovendo nella direzione opposta. Nel 1981 ha promosso la dichiarazione islamica dei diritti universali dell’uomo che, tra le altre cose, diceva che a nessuno dovrebbe essere permesso di “usare disprezzo o derisione verso le credenze religiose altrui”, “incitare all’ostilità pubblica contro le credenze religiose degli altri” o “alla mancanza di rispetto dei sentimenti religiosi altrui”. In altre parole,

 

la dichiarazione islamica cercava di conferire uno status di protezione speciale alle convinzioni religiose in quanto distinte da altre forme di convinzione. Sostituite in questa dichiarazione la parola “religiose” con “politiche” e la questione diventa più chiara: l’effetto sul dibattito pubblico diventerebbe opprimente.

 

Con un’ironia del tutto involontaria, la dichiarazione islamica cercava anche di vietare la diffusione della “menzogna” – nel qual caso gli atei potrebbero ben sostenere che anche la religione dovrebbe essere vietata.”

Foto di wiredforlego

 

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Il diritto di offendere, colpire e turbare ultima modifica: 2020-10-02T15:07:30+02:00 da Corpo60
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